I cereali che contengono il glutine sono:
grano, orzo, monococco, farro, segale, kamut, spelta, triticale, malto, seitan, avena.
Il frumento o grano è il cibo alla base della nostra alimentazione. Da esso si ricavano i vari tipi di farine, necessarie per la preparazione di pane, biscotti e pasta.
Esso è una pianta appartenente al genere delle graminacee ed è noto con il nome di tritico. Questo cereale originariamente è stato sviluppato soprattutto nella cosiddetta Mezzaluna Fertile. Quest’area comprendeva la zona localizzata tra il Mar Mediterraneo, il Mar Nero e il Mar Caspio.
Il frutto di questo cereale, detto cariosside, è avvolto da un involucro esterno, formato da più strati di cellule, ricche di sali minerali e cellulosa. Questa parte esterna, a seguito dei vari processi di raffinazione, va a costituire la crusca.
Il chicco di grano (o cariosside) è costituito internamente dall’endosperma, composta soprattutto da amidi e da proteine, dal cui impasto si ricava il glutine.
Nella parte più interna si trova il germe o embrione, ricco di vitamine, sali minerali e proteine. Questa parte del chicco di grano è l’unica in cui è presente la componente lipidica.
Valori nutrizionali
Dal punto di vista nutrizionale, vi sono differenze che sono legate alla varietà del cereale, alla tecnica di coltura e al tipo di terreno su cui è coltivato.
In generale, il grano contiene un’elevata percentuale di amido e una buona quantità di proteine, da cui è possibile ottenere il glutine. Questo alimento è controindicato per i Pazienti affetti da celiachia.
La componente lipidica è localizzata nel germe e comprende trigliceridi, ricchi di acidi grassi insaturi. I sali minerali sono presenti nel pericarpo, cioè nell’involucro o cuticola del chicco, e includono magnesio, potassio, sali di calcio, ferro, rame e zinco. L’apporto vitaminico è offerto dalla presenza di vitamine del gruppo B e del gruppo E.
Grano duro
L’orzo è un cereale commestibile, ottenuto dalle cariossidi dell’Hordeum vulgare (della famiglia delle Graminacee), utilizzate come tali, oppure trasformate.
L’Hordeum vulgare era già coltivato in Medio Oriente nel VII millennio a.C. e si diffuse poi in tutto il mondo. Questo cereale viene coltivato anche per il foraggio degli animali da allevamento e viene utilizzato nell’industria degli alcolici, fino dai tempi dell’antico Impero Romano.
La granella è impiegata, previa decorticazione o brillatura, per le zuppe, da sola, con altri cereali e/o con legumi.
Dopo essere trasformato in farina, l’orzo può essere utilizzato nella panificazione, da solo o miscelato con altre farine. Dal macinato grosso si ottengono semole grosse, adatte a piatti tipici nordafricani, simili al cuscus.
Previa tostatura e macinazione, l’orzo è utilizzato per il caffè d’orzo e come base, per la produzione di altre bevande, di sapore simile al caffè, ma prive di caffeina.
Dalla tostatura dell’orzo, si ottengono anche farine fini, utilizzate nella preparazione di dolci.
Previa trasformazione in malto, l’orzo è impiegato per la produzione della birra e, nelle distillerie, per la produzione di liquori ad alta gradazione.
L’orzata è una bevanda analcolica, composta da acqua e Orzo.
Orzo
Il grano monococco è un’antica specie di frumento, originario della Turchia, sostituito nei secoli dal farro, maggiormente produttivo, e soppiantato, poi, dal grano tenero. Il Monococco si propone come una valida alternativa per il benessere dell’organismo umano e per l’ambiente, per l’ottima composizione della sua farina, al basso livello di glutine ed al ridotto impatto ambientale della sua coltivazione. Sono attualmente in corso, nell’ambito di un progetto, promosso dalla Regione Lombardia, a cura degli Ospedali Civili di Brescia, test preliminari riguardanti il contenuto di glutine nel monococco. Le analisi sul contenuto di glutine del grano monococco sono volte a chiarire se questo alimento potrà essere inserito nell’alimentazione dei Pazienti celiaci. Attualmente non è possibile stabilire la totale assenza di glutine dal grano monococco, ma si può comunque evidenziarne la differenza con il frumento tenero, con quello duro e con il farro, sia per l’alto contenuto delle proteine, contenute nella granella, sia per l’alto numero di composti antiossidanti, quali la luteina (precursore della vitamina A) e i tocoferoli, cioè la vitamina E.
La farina di grano monococco ha l’aspetto di una cipria molto sottile ed è caratterizzata da un elevato contenuto di oligoelementi quali fosforo, ferro e zinco, superiori di 1,5/2 volte a quelle riscontrate nel frumento tenero.
Il grano monococco contiene un amido solubile facilmente digeribile. La pasta realizzata con la farina di monococco ha un’ottima tenuta alla cottura, ha scarsa collosità e una bassa perdita di amido, inferiore rispetto a quella del grano duro. Molto importante è la reazione del grano monococco al processo di vaporizzazione a 120 °C. Si evidenzia, infatti, un forte aumento della percentuale di amido resistente, che trattiene il glucosio, rendendo il grano monococco un alimento particolarmente indicato per le persone diabetiche. Grazie alla sua resistenza naturale a malattie e stress ambientali, la coltivazione di questo grano è da considerarsi a basso impatto ambientale.
Monococco
Il farro è un cereale ricco di fibre, adatto a tenere sotto controllo la glicemia, con benefici per il metabolismo e per l’apparato cardiovascolare.
E’ una pianta erbacea, appartenente alla famiglia delle Graminacee, la cui coltivazione è molto antica e risale a circa 8000 anni fa. Con lo sviluppo delle moderne tecniche di coltura, il suo uso è stato soppiantato dal grano tenero e dal grano duro, ma, recentemente, questo cereale si è nuovamente diffuso per le sue proprietà nutrizionali. In Italia è coltivato principalmente tra l’Emilia e la Liguria (in Garfagnana), Toscana, Umbria e Lazio. È una pianta che si adatta anche ai terreni poveri ed è in grado di resistere alle basse temperature. Il farro della Garfagnana ha ricevuto la certificazione IGP (Indicazione Geografica Protetta).
Può essere consumato in chicchi o sotto forma di farina, usata per vari prodotti da forno, dal sapore particolarmente gradevole. Si trova in commercio sia come farro decorticato che come farro perlato: il primo presenta la cuticola esterna, detta glumetta, il secondo ne è privo e richiede tempi di cottura più brevi.
Farro
La segale è una pianta della famiglia delle Graminacee, presente da secoli nell’alimentazione umana.
Dal punto di vista botanico, i suoi frutti sono definiti cariossidi, ma comunemente sono chiamati “semi o chicchi”.
Il successo dei cereali dipende da vari fattori, quali la capacità di adattamento alle diverse condizioni ambientali, la facilità di conservazione, la digeribilità, il gusto neutro che si possa abbinare ad altri sapori, la loro versatilità di trasformazione (utilizzabili interi, sfarinati, germogliati, ecc) e la bassa richiesta di manodopera.
La segale (Secale cereale L.), detta anche segala, è un cereale di montagna, che si adatta bene, come l’avena, anche ad altitudini elevate e resiste ai climi freddi; cresce in terreni difficili e poveri (steppa, brughiera) e matura in fretta.
La segale origina probabilmente in Asia occidentale e segue, come erba infestante tra campi di grano e orzo, le coltivazioni di frumento, prendendo piede nei climi più freddi. In questi ultimi secoli, il frumento ha largamente sostituito diversi cereali, ma la segale è, ancora oggi, estesamente coltivata nei Paesi di cultura germanica, in Russia, in Francia e nell’Italia settentrionale (Trentino-Alto Adige, Friuli, Lombardia e Piemonte), dove è un alimento base.
Nel mondo se ne coltivano 10 milioni di ettari, con una produzione di oltre 20 milioni di tonnellate, concentrata nei paesi freddi, per latitudine e altitudine, grazie alla resistenza al freddo, che ne consente la semina autunnale, anche in climi proibitivi per altri cereali.
Si distinguono due tipi principali di segale:
- la segale invernale “grande segale” – viene seminata in luglio-agosto e raccolta il settembre dell’anno successivo, con un ciclo di crescita di 13-14 mesi e un raccolto biennale (“riposo d’altitudine”);
- la “segale dormiente” è seminata in ottobre prima del gelo.
La segale è l’unico cereale che viene consumato quasi esclusivamente sotto forma di pane.
Il cosiddetto “pane nero”, tipico dell’Alta Valle Canonica, ottenuto da un impasto di farina di segale e di farina di frumento, ha un caratteristico sapore, leggermente acidulo, ma aromatico ed è più compatto del pane di frumento. È preparato utilizzando un preimpasto madre, ricco di lieviti e fortemente acidificato, per lo sviluppo di batteri lattici. Il suo valore nutrizionale è analogo a quello del pane di frumento ma, essendo prodotto con farine meno raffinate, è più ricco di fibra e ha, a parità di peso, un valore calorico inferiore. Questo aspetto lo rende particolarmente indicato per le diete ipocaloriche.
In Germania si confeziona un delizioso pane di segale, il “pumppernickel”, che contiene anche grani interi e ha un sapore leggermente acidulo. La farina è generalmente mescolata con quella di frumento, perché, da sola, lievita con difficoltà. Con la farina di segale si possono preparare anche gallette, fiocchi per la prima colazione o creme. Con i chicchi, si preparano zuppe e minestre vegetali o, se tostati e macinati, si può preparare un sostituto del caffè.
Segale
Farina di Kamut. Che cos’è in realtà il kamut? Il kamut è un nome con il quale un’azienda statunitense commercializza un particolare tipo di grano. La farina di Kamut sta a indicare quella farina, ottenuta da una precisa varietà di grano, prodotto e commercializzato dall’omonima azienda Americana Kamut.
Nello specifico, si tratta di una particolare varietà di grano della sottospecie Triticum turgidum ssp. turanicum, chiamata comunemente “Khorasan”.
Differenza tra la farina Kamut e la farina bianca (farina 0)
La farina bianca (tipo 1, tipo 0 o tipo 00) è prodotta a partire da grano tenero. Al contrario, il grano Khorasan, della sottospecie Triticum turgidum ssp. Turanicum, è un grano duro.
Le farine di grano duro sono usate per la preparazione della pasta, mentre le farine di grano tenero per pizze e dolci. Ma non è il caso della farina di kamut, perché, pur trattandosi di una farina di grano duro, la varietà Khorasan, finemente macinata, riesce a produrre una farina morbida e tenera, adatta a ogni tipo di impasto.
La differenza tra farina bianca e farina kamut sta nella pianta dalla quale parte la produzione.
Un’altra importante differenza è che la farina bianca viene prodotta da varietà di grano in commercio, selezionate per aumentare la resa, ottenendosi una maggiore produzione a scapito di proprietà nutrizionali e povere di micronutrienti). La varietà di grano Khorasan sembrerebbe essere immune a questo fenomeno: il Khorasan è un grano piuttosto antico e presenta migliori valori nutrizionali. Inoltre, la farina che troviamo in commercio con la dicitura “Kamut” proviene da agricoltura biologica.
Kamut
La spelta, detta anche granfarro e commercializzata prevalentemente come farro spelta (Triticum spelta), specie del genere Triticum (frumento) e “antenato” del grano tenero, è un cereale molto antico, originato probabilmente 8.000 anni or sono nell’Asia sud-occidentale, nell’area chiamata “Mezzaluna fertile”, dall’incrocio tra la specie Triticum dicoccum e Aegilops squarrosa.
Triticum spelta è una delle specie che più si avvicinano al grano tenero, anche da un punto di vista cromosomico, ossia esaploide; la spiga è lunga e sottile e le sue spighette, circa una ventina, sono inserite ciascuna ad ogni nodo del rachide (asse) centrale, in posizione alterna e opposta. Ogni spighetta contiene due o più raramente tre chicchi (cariossidi), protetti dalle glumette. Lo stelo è di colore rossastro e lungo circa un metro e mezzo.
Contiene un’elevata quantità di fibre e basso tenore di glutine. Le cariossidi vengono separate dalle glumette tramite un apposito procedimento di brillatura.
È una pianta che si sviluppa facilmente, su terreni ben esposti al sole, anche se poveri, ma è stata soppiantata, nel corso del tempo, da altre colture più redditizie.
Come la segale, veniva coltivata per le sue caratteristiche zootecniche, allo scopo di ricavarne paglia, oppure utilizzata per la copertura di capanne; la sua produzione è ancora attiva soprattutto in Francia, Germania e Svizzera.
Con la farina di spelta (dal sapore forte e di colore scuro) si producono tipici biscotti piatti, come il “panpepato” e, di recente, si è ricominciata una limitata produzione di pane e birra.
Spelta
Il triticale (Triticosecale) è un ibrido artificiale tra la segale e il grano duro o altre varietà del genere Triticum. Creato alla fine del XIX secolo, solo ultimamente è coltivato su larga scala. Associa la resistenza al freddo della segale e l’attitudine alla panificazione del frumento; è una valida alternativa alla segale, per quanto riguarda le condizioni climatiche, e al frumento per altitudine e acidità del terreno.
La parola stessa è una fusione delle parole latine Triticum (tritico, frumento) e Secale (segale). Nella fecondazione, il frumento è usato per i cromosomi materni e il polline della segale per quelli paterni. Gli ibridi così ottenuti hanno corredo triploide o pentaploide, e sono sterili: trattati con colchicina, che impedisce la divisione meiotica nei gameti, si ottengono cellule esaploidi o ottaploidi, fertili.
Le varietà in commercio sono quasi sempre un ibrido F2 (di seconda generazione), ottenuto cioè incrociando due varietà di triticale.
Vi sono molte varietà di triticale, che possono essere più o meno simili a uno dei suoi genitori.
Alcuni cibi, a base di triticale, possono essere acquistati nei negozi di cibi biologici; anche alcuni cereali per la prima colazione contengono triticale.
Esistono varietà di triticale esaploidi, ottenute incrociando il grano duro (Triticum durum) con la segale e varietà ottaploidi, ottenute incrociando il frumento tenero (Triticum aestivum) con la segale.
Anche se il triticale è stato sviluppato inizialmente in Scozia e Svezia, gli attuali produttori principali di triticale sono Germania, Francia, Polonia, Australia, Portogallo, Canada, gli USA, la Comunità degli Stati Indipendenti e il Brasile. Nel 2004, secondo la FAO, sono state raccolte 13.7 milioni di tonnellate nel mondo. Il triticale è ancora relativamente poco noto al grande pubblico, in quanto è usato per lo più come foraggio. Al momento il triticale, insieme al mais, sotto forma di insilato, viene utilizzato negli impianti di biogas, come principale massa reagente.
In particolare, per le sue peculiari caratteristiche, viene coltivato nelle pianure interne del Canada.
Triticale
Il malto è il prodotto di germinazione di alcuni cereali (orzo, frumento, segale, ecc.), usato per la preparazione di bevande alcoliche, perché gli enzimi in esso presenti ( amilasi ) sono capaci di trasformare l’amido in zuccheri fermentescibili e di demolire le proteine; tostato e polverizzato, serve per preparare una bevanda simile al caffè, ma priva di sostanze eccitanti.
Il malto (dall’inglese malt, a sua volta dal sassone mealt, voce del verbo meltan, ‘disciogliersi’, da cui derivano i nomi del malto in molte lingue germaniche) è la cariosside (chicco) di un cereale che ha subìto germinazione. A meno che non sia specificato altrimenti, con “malto” ci si riferisce comunemente al malto d’orzo.
Il ciclo di lavorazione per l’ottenimento del malto (ovvero la trasformazione di un cereale grezzo in cereale maltato) è composto da: cernita e pulitura cariossidi, idratazione cereale, germinazione, essiccatura del cereale maltato.
La produzione industriale del malto è eseguita presso una malteria: le cariossidi sono fatte macerare in appositi tini, dove assorbono l’acqua e si rigonfiano; quindi vengono tenute per una settimana nelle camere di germinazione, dove spuntano le radichette (piccole radici); poi il malto passa in una camera di essiccazione, dove la germinazione è bloccata (l’umidità scende dal 50% all’8%); il malto essiccato arriva infine nei silos, dove viene lasciato in attesa della lavorazione.
Il malto verde è poi sottoposto alla tostatura, per ottenere i diversi tipi di malto in termini di colore: questo è il malto secco.
La maltatura (si dice anche “maltazione”) è un processo essenziale per ottenere una delle materie prime, utilizzata per la produzione di bevande alcoliche, come birra e whisky, in quanto il malto, a differenza del cereale grezzo da cui deriva, può essere fermentato dai lieviti e trasformato in alcol. Infatti, quando il seme germina, produce enzimi che servono a idrolizzare l’amido in zuccheri più semplici, atti ad essere fermentati dai lieviti.
Dal malto è inoltre possibile produrre l’estratto di malto, uno sciroppo utilizzato come ingrediente di alimenti (soprattutto focacce, pane, grissini, fette biscottate) e bevande alcooliche e non.
Malto
Il seitan è un impasto, altamente proteico, ricavato dal glutine del grano di tipo tenero o farro o khorasan.
Il frumento contiene quattro tipi di proteine, di cui due idrosolubili e due liposolubili; due proteine, la gliadina e la glutenina (liposolubili), formano il glutine, una sostanza idrofoba elastica; le albumine e globuline, invece, sono solubili in soluzioni acquose.
Il seitan ha antiche origini orientali, ma oggi è diffuso anche in occidente, perché particolarmente adatto per l’alimentazione vegetariana e per coloro che hanno necessità di ridurre i cibi di origine animale, il colesterolo e grassi.
Il seitan contiene pochi grassi (1.5%).
L’elevata presenza di glutine costituisce una controindicazione assoluta al consumo di seitan per Pazienti affetti da celiachia e sconsigliato per chi ha problemi di intolleranza a questa sostanza.
Il seitan può essere cucinato in moltissimi modi, con il vantaggio di essere molto più veloci nella preparazione finale, poiché il seitan è un alimento già cotto alla fonte. Può essere cotto e insaporito in acqua con salsa di soia (shoyu o tamari), alga kombu, sale. In commercio è possibile trovare seitan al naturale, oppure alla piastra, a cubetti, affettato come antipasto, affumicato, aromatizzato, usato anche per produrre prodotti simili ai würstel nell’aspetto e utilizzati nelle diete vegetariane.
Seitan (a fette)
Tra i cereali, bisogna menzionare l’avena. L’avena è una fonte di carboidrati a lenta digestione, ricca di fibre e per questo molto indicata per vitto ipocalorico e per diabetici, in quanto in grado di fornire energia a lungo termine, senza causare picchi insulinici. Nel nostro Paese, le applicazioni dietetiche dell’avena sono relativamente recenti, nonostante questo cereale abbia antichissime tradizioni.
I popoli germanici e scozzesi basavano la propria alimentazione sull’avena, dal momento che questa pianta annuale riesce a superare anche i climi rigidi delle regioni nordiche. In tali zone il consumo di avena è ancora ampliamente diffuso, soprattutto per la preparazione di gustosi piatti tradizionali come il porridge.
In Italia, fino a pochi anni fa, l’avena era destinata prevalentemente al foraggio per animali. Oggi, i benefici dell’avena sono ormai noti e la sua diffusione nei prodotti alimentari è sempre più capillare. Ingrediente tradizionale del muesli, fiocchi d’avena, viene aggiunta in quasi tutti gli alimenti dietetici per la prima colazione.
Nell’alimentazione umana viene utilizzata la cariosside, privata dei suoi involucri fibrosi (decorticata) e ridotta in farina (macinazione) o in fiocchi (tramite pressione dei chicchi, freschi o precotti a vapore).
Avena
Avena e celiachia
La tossicità dell’avena per i celaci è tuttora oggetto di dibattito. In passato veniva esclusa a priori dalla dieta del Paziente celiaco, mentre diversi studi la dipingono come relativamente sicura. In particolare, se introdotta pura, ossia non contaminata da proteine del grano, dell’orzo o della segale durante la lavorazione, l’avena non sarebbe lesiva per la maggior parte (99,4%) dei celiaci.
L’avena è un prezioso alleato contro diabete e colesterolo. Le caratteristiche nutrizionali dell’avena si possono intuire dalla semplice osservazione delle tabelle alimentari. Tra tutti i cereali, è l’alimento più ricco in proteine (12,6-14,9%) e di sostanze grasse, tra cui l’essenziale acido linoleico. Ottimo anche il contenuto di fibre solubili, che rendono l’avena un alimento ideale per placare l’appetito, regolarizzare la funzione intestinale e normalizzare il peso corporeo. Non è un caso che la medicina popolare descriva la farina di avena come alimento nutritivo e rinforzante, adatto soprattutto per bambini e convalescenti.
I benefici dell’avena sono tali da aver indotto la Food and Drug Administration Statunitense ad autorizzare l’affermazione che l’avena favorisce l’abbassamento dei livelli di colesterolo.
Per accentuare il suo effetto ipocolesterolemizzante, si consiglia il consumo di crusca d’avena (40 grammi al giorno, pari a circa 6-8 g di fibra). Questo alimento, grazie alla sua alta capacità di attirare acqua e alla presenza di molti oligoelementi utili, abbassa il colesterolo “dannoso” (Low Density Lipoprotein), senza influenzare quello “buono” (High Density Lipoprotein).
Le proteine dell’avena hanno un elevato potere energetico. L’avena vanta un buon contenuto in lisina, nettamente superiore rispetto agli altri cereali. Nel frumento, questo nutriente rappresenta l’amminoacido limitante, cioè quell’amminoacido essenziale che, essendo contenuto in quantità ridotte rispetto agli altri, diviene limitante per la sintesi proteica. L’avena è quindi un ottimo alimento, nutritivo e riequilibrante, anche per i vegetariani.
I beta-glucani, polisaccaridi indigeribili, presenti nella fibra solubile, agiscono positivamente anche nei confronti di altre patologie dismetaboliche, tipiche delle società industrializzate. Il basso indice glicemico la rende un alimento prezioso per i diabetici, che possono beneficiare del suo effetto stabilizzante sui livelli glicemici. Questa caratteristica è importante anche nella lotta contro il sovrappeso, poiché aiuta a controllare l’apporto di cibo, prolungando il senso di sazietà dopo il pasto.
La presenza di avenina, un alcaloide concentrato nella crusca, produce un effetto tonificante, energetico e riequilibrante. L’avena ha inoltre proprietà diuretiche e lassative, che contribuiscono a renderla una scelta salutare.