Vaccinazione per epatite B

Vaccino per l’Epatite B

L’epatite B è un’infezione che colpisce il fegato, causata dal virus HBV (Hepatitis B Virus), un virus a DNA, appartenente al genere degli Orthohepadnavirus, della famiglia degli Hepadnaviridae. È un virus ad alta carica infettiva, è causa di epidemie in alcune parti dell’Asia e dell’Africa ed è a carattere endemico in Cina. Più di due miliardi di persone sono state contagiate dal virus dell’epatite B e si contano tuttora circa 350 milioni di portatori cronici del virus nel mondo.

È da tenere presente che, dagli anni 80, è presente il vaccino e, pertanto, la malattia è notevolmente ridotta.

Virus DNA dell’epatite B
Virus DNA dell’epatite B

Il Virus HBV è responsabile dell’epatite B.

Il virus dell’epatite B colpisce il fegato

Il virus dell’epatite B colpisce il fegato

L’Epatite B si trasmette attraverso l’esposizione a sangue infetto o a fluidi corporei, come sperma e liquidi vaginali. Può essere trasmessa dalla madre infetta al neonato. L’infezione avviene attraverso le mucose o soluzioni di continuo della cute, non attraverso le goccioline di saliva (flugge) né per via oro-fecale.

Il virus dell’epatite B non può essere trasmesso attraverso un contatto casuale, quale la condivisione di posate o bicchieri, l’allattamento, per la via oro-anale, attraverso i baci, la tosse o gli starnuti. Il virus è in grado di sopravvivere fino a 7 giorni nell’ambiente.

Soggetti a rischi di contagio

Soggetti a rischi di contagio

La malattia inizialmente provoca un’infezione acuta del fegato, che può evolvere in 3 modi diversi:

  1. completa guarigione, con acquisizione dell’immunità all’infezione (circa il 90% dei casi)
  2. epatite fulminante, con mortalità del 90%; può richiedere il trapianto di fegato (evenienza rara)
  3. cronicizzazione: il 5-10% dei contagiati diventa portatore cronico del virus. Tra questi, il 20-25% sviluppa un’epatite cronica attiva, che può evolvere in cirrosi epatica e carcinoma epatocellulare. Nei restanti casi, il virus persiste nel fegato, ma non provoca danno epatico; può rimanere in questo stato anche tutta la vita.

Nel caso l’infezione coinvolga un bambino, lo sviluppo di un’infezione cronica avviene con una frequenza variabile tra l’80 e il 90% dei casi, se il contagio è avvenuto nel primo anno di vita, e nel 50-60% dei casi, se l’infezione c’è stata fra 1 e 6 anni.

L’infezione si può prevenire con la vaccinazione.

Tutti i casi accertati devono essere immediatamente notificati alle autorità di sanità pubblica.

Contagio

Il contagio dell’epatite B avviene:

  1. per via parenterale, cioè con il contatto, su mucose o ferite, di sangue infetto, con lesioni accidentali da aghi o altri taglienti infetti, strumentario medico chirurgico non opportunamente sterilizzato e, talvolta (evenienza assai rara oggi, dal momento che si fanno controlli sierologici), con la pratica delle emotrasfusioni;
  2. pratica dei tatuaggi;

I tatuaggi possono portare il virus dell’epatite B
I tatuaggi possono portare il virus dell’epatite B

  1. per via parenterale inapparente (o apparentemente non parenterale) attraverso l’uso di oggetti, che possono creare microtraumi cutanei, per esempio rasoi e forbici da unghie infetti;
  2. per via sessuale (attraverso rapporti sessuali di ogni tipo), con persona con infezione da HBV;
  3. per via transplacentare e perinatale, al neonato, da parte di madre infetta.

Trasmissione trans-placentare (cortesia di dreamstime)

Trasmissione trans-placentare (cortesia di dreamstime)

Modalità di trasmissione dalla madre al neonato

Modalità di trasmissione dalla madre al neonato

Sintomi

I sintomi della forma acuta dell’epatite B si manifestano, solitamente, dopo circa tre/sei mesi dal contatto con il virus.

In molti casi l’infezione acuta da HBV può decorrere in modo totalmente asintomatico. La presenza o meno dei sintomi dipende dall’età in cui l’infezione viene contratta: sono sintomatici < 1% dei bambini al di sotto dell’anno di età, 5-15% tra 1 e 5 anni, 30-50% al di sopra dei 5 anni di età.

Quando l’epatite acuta è sintomatica possono comparire:

  • Affaticamento, malessere generalizzato
  • Nausea, vomito e perdita di appetito

Sintomi dell’epatite B

Sintomi dell’epatite B

  • Dolori muscolari
  • Dolori e disagio addominale, specialmente nel quadrante dell’ipocondrio destro
  • Ittero (dovuto ad un aumento della bilirubina nel sangue, per ridotta eliminazione per via enterica) a cui si associa la comparsa di feci chiare, giallastre o biancastre (acoliche) e urine di colore scuro (eliminazione della bilirubina per via renale). Le feci scure possono invece indicare un problema di sanguinamento intestinale, nel caso si sia instaurata la cirrosi epatica, con ipertensione portale e varici esofagee;
  • Prurito
  • Dolori alle articolazioni

Quando presenti, i sintomi della fase acuta durano per un paio di settimane, in alcuni casi è necessario il ricovero in ospedale.

Possibili evoluzioni dell’epatite B

Possibili evoluzioni dell’epatite B

Alcuni Pazienti possono avere una forma più grave (insufficienza epatica fulminante) e possono andare incontro ad exitus, se non avviene un trapianto epatico in urgenza.

Nella forma cronica, l’epatite B è asintomatica. Quando il danno epatico diventa grave, possono comparire i sintomi della cirrosi epatica, che è il quadro clinico più grave della epatite cronica da HBV. Questa infezione aumenta l’incidenza di carcinoma epatocellulare (tumore del fegato).

Diagnosi

La diagnosi di epatite B si pone dopo accurata anamnesi ed esame fisico.

La certezza diagnostica si ottiene con l’esecuzione di un prelievo ematico e il riscontro dell’innalzamento delle transaminasi, che raramente possono arrivare ad un livello superiore a 2.000-3.000 UI/L., in caso di epatite acuta, ma, nella forma cronica, sono solo lievemente superiori ai valori normali (fino a 30-35 UI/L). Altro valore alterato è quello della bilirubina, sia nella sua forma diretta sia indiretta, nella forma acuta di malattia o nella fase di scompenso cirrotico.

La diagnosi d’infezione da virus dell’epatite B si ha con la ricerca dei marcatori virali specifici nel sangue. Si ricercano antigeni virali (proteine prodotte dal virus) o anticorpi prodotti dal soggetto ospitante. L’interpretazione di questi test è complessa.

L’antigene di superficie dell’epatite B (HBsAg) è quello più ricercato nel sangue per individuare la presenza di questa infezione, essendo il primo antigene virale ad apparire. Se l’infezione cronicizza, questo antigene continua a rimanere rilevabile nel sangue. In caso di guarigione, l’HBsAg (l’antigene di origine virale) scompare e compaiono gli anticorpi specifici, l’HBsAb.

Genoma dell’HBVirus

Genoma dell’HBVirus

Il virus contiene al suo interno una “particella core”, che racchiude il genoma virale, conosciuta come antigene core dell’epatite B o HBcAg. La rilevazione degli anticorpi specifici verso questo antigene documenta l’avvenuta infezione da HBV; nella fase acuta dell’infezione, sono presenti anticorpi di classe IgM verso la proteina core, gli anti-HBc IgM.

Dopo la comparsa di HBsAg, un altro antigene, chiamato HBeAg, può essere rilevato. La presenza di questo antigene è associata a tassi più alti della replicazione virale e, quindi, maggior infettività. Esistono alcune varianti del virus che non producono antigene “e” e quindi questa regola non è sempre vera.

Oltre alla rilevazione degli antigeni e anticorpi descritti, si può ricercare direttamente il virus dell’epatite da HBV, l’HBV-DNA. Questo test viene utilizzato per valutare se è presente la replicazione virale e per monitorare l’efficacia di un eventuale trattamento.

Un Paziente con l’infezione cronica mantiene la presenza dell’HBsAg; in quelli che guariscono scompare l’HBsAg e compaiono gli anticorpi anti-HBs. In entrambi questi casi, sono rilevabili gli anticorpi anti-HBc, che indicano l’avvenuto contatto con il virus.

Le persone vaccinate hanno la presenza degli anticorpi anti-HBs e non gli anticorpi anti-HBc; la vaccinazione avviene solo con l’antigene HBsAg ed i vaccinati non hanno il marcatore del contatto con il virus che è l’HBcAb.

Tipica evoluzione dei markers epatitici nell’infezione da HBV

Tipica evoluzione dei markers epatitici nell’infezione da HBV

Terapia

Questa infezione, in fase acuta, non richiede una terapia, se il Paziente non è sintomatico, ed è sufficiente un’idratazione adeguata. La maggior parte degli adulti è in grado di eliminare l’infezione spontaneamente; viene utilizzato un precoce trattamento antivirale, nei Pazienti il cui contagio avviene con un decorso molto aggressivo (epatite fulminante) oppure per soggetti immunocompromessi.

Le persone con infezione cronica, che presentano elevati valori di transaminasi, segno di danno epatico, sono candidati alla terapia.

Nessun farmaco attualmente disponibile può eliminare l’infezione; alcuni possono bloccare la replicazione virale, riducendo così al minimo i danni al fegato.

Attualmente, ci sono sette farmaci autorizzati per il trattamento dell’infezione da virus dell’epatite B.

Farmaci antiviraliModulatori del sistema immunitario
·       Epivir

·       Epsera

·       Viread

·       Sebivo

·       Baraclude

·       Interferone

·       Peginterferone

Questi trattamenti riducono significativamente la replicazione virale nel fegato, seppure alcuni Pazienti risultano essere più responsivi rispetto ad altri e questo potrebbe essere dovuto al diverso genotipo del virus o a caratteristiche dell’individuo stesso.

In caso di esposizione all’HBV vi è indicazione ad eseguire una profilassi passiva entro 24-72 ore dall’esposizione, con immunoglobuline anti-HBV ovvero anticorpi diretti contro il virus e cominciare la vaccinazione completa.

Immunoprofilassi passiva per epatite B con immunoglobuline specifiche (HBIG)
Immunoprofilassi passiva per epatite B con immunoglobuline specifiche (HBIG)

La trasmissione da parte delle mamme con infezione da HBV ai bambini, al momento del parto, è un’importante modalità di diffusione dell’infezione. Tutte le donne in gravidanza devono essere sottoposte al test per valutare se siano infette dall’HBV.

I bambini, nati da madri malate di epatite B, devono essere trattati con immunoglobuline anti-HBV e devono iniziare la vaccinazione. Se gli anticorpi vengono somministrati entro dodici ore dalla nascita, il rischio di contrarre l’infezione viene ridotta del 90%. La somministrazione di immunoglobuline e la vaccinazione del neonato consente a una madre con infezione da HBV di allattare il suo bambino in modo sicuro.

Epatite B: prevenzione e vaccino

La prevenzione dell’epatite B è data dalla vaccinazione. L’applicazione della L.165 del 27/05/1991 ha imposto l’obbligo della vaccinazione antiepatite B a tutti i nati, a partire dal 1979, e vi è una la forte raccomandazione per i gruppi di popolazione a maggior rischio d’infezione (tossicodipendenti, conviventi di portatori cronici, personale sanitario, operatori di pubblica sicurezza, persone che necessitano di numerose trasfusioni di sangue, individui in dialisi, ecc.). Ciò ha determinato una significativa diminuzione dell’incidenza dei casi di Epatite B nel mondo.

Profilassi post esposizione con Paziente HBV positivo
Profilassi post esposizione con Paziente HBV positivo

Il vaccino attualmente in uso è prodotto con tecniche di ingegneria genetica; si è dimostrato sicuro ed efficace e fornisce immunità di lunga durata. Contenendo solo una parte del virus, non è assolutamente in grado di produrre la malattia, ma è sufficiente ad indurre la risposta del sistema di difesa dell’organismo.

Si somministra per iniezione intramuscolare (nel deltoide), da solo o insieme ad altre vaccinazioni.

Vaccino per epatite B

Vaccino per epatite B

Il vaccino è somministrato, ai bambini, in tre dosi, al terzo, quinto e undicesimo mese di vita. Anche per gli adolescenti e gli adulti la vaccinazione prevede 3 dosi, di cui la seconda dopo un mese dalla prima e la terza dopo 6 mesi.

In questi ultimi, prima della somministrazione del vaccino, è necessario eseguire un controllo pre-vaccinale con ricerca di anticorpi anti HBsAg.

La somministrazione deve avvenire con puntura intramuscolare nel deltoide
La somministrazione deve avvenire con puntura intramuscolare nel deltoide

Ai bambini, nati da madre infettata dal virus dell’epatite B, è necessario somministrare la prima dose entro 12 ore dalla nascita, contemporaneamente all’iniezione, in altra zona del corpo, delle immunoglobuline specifiche anti-HBs. La seconda dose sarà somministrata ad un mese di distanza dalla prima e le successive, in genere, in occasione della vaccinazione esavalente, seguendo il normale calendario vaccinale.

Il Decreto Ministeriale del 20/11/2000 “Protocollo per l’esecuzione della vaccinazione antiepatite B” ricorda che la protezione conferita dalla vaccinazione, dopo dimostrazione di risposta misurabile al termine del ciclo primario, permane anche in assenza di anticorpi a titolo dosabile. È sufficiente la “memoria immunologica” a garantire il rapido sviluppo di anticorpi, in caso di re-infezione.

La vaccinazione contro l’epatite B è in genere ben tollerata. Raramente può apparire una reazione locale (arrossamento, fastidio, gonfiore) sul punto dell’iniezione. Reazioni generali, come mal di testa, stanchezza o febbre sono ancora più rare e scompaiono in 1-3 giorni.

Il vaccino dell’Epatite B non deve essere somministrato a individui con ipersensibilità nota ai componenti del vaccino o a soggetti che hanno manifestato segni di ipersensibilità a seguito di precedenti somministrazioni dello stesso.

Trattandosi di un vaccino costituito semplicemente da un componente del virus, può essere somministrato anche alle donne incinte e a persone con immunodepressione. Il vaccino è offerto gratuitamente a tutta la popolazione presso i centri vaccinali, distribuiti sul territorio italiano, e può essere acquistato nelle farmacie.

Produzione e commercializzazione di un vaccino

“I vaccini sono medicinali biologici, che hanno lo scopo di prevenire una o più malattie infettive, attraverso la stimolazione del sistema immunitario (produzione di anticorpi, attivazione di specifiche cellule) e la conseguente acquisizione della cosiddetta “immunità attiva”.” (Definizione dell’AIFA, Agenzia Italiana del Farmaco).

Cosa consegue a questa definizione?

Si deducono essenzialmente tre concetti:

  1. un vaccino è un farmaco, un medicinale biologico, ovvero composto da uno o più principi attivi da una fonte biologica;
  2. il vaccino non cura la malattia, ma la previene;
  3. un vaccino ha lo scopo di immunizzare il nostro organismo, ovvero di renderlo immune all’azione del virus, attraverso la produzione dei cosiddetti anticorpi.

Da queste tre nozioni basilari possiamo dedurre quanto possa essere complesso sviluppare un nuovo vaccino.

Sviluppo di un vaccino

Lo sviluppo di un nuovo vaccino richiede un percorso lungo e complesso, composto da più fasi.

La preparazione dei vaccini
La preparazione dei vaccini

  1. Studio del microrganismo

Innanzitutto, è necessario studiare il microrganismo (virus o batterio) che causa la malattia, in modo da ottenere la sequenza genetica dello stesso e capire in che modo agisce sul nostro corpo.

Si tratta di uno step tutt’altro che immediato, che richiede mesi di studio e ricerca, fino alla produzione dei cosiddetti preparati vaccinali.

  1. Sviluppo dei “preparati vaccinali”

Semplificando al massimo, un preparato vaccinale è una sorta di prima versione del vaccino, che può variare a seconda della sua composizione.

Può contenere, infatti, il microrganismo in forma inattivata, attenuata o solo alcune sue componenti.

 

Tipologia di vaccini e di somministrazione

Tipologia di vaccini e di somministrazione

Anche in questo caso ci viene in soccorso l’AIFA, che, sul suo sito, riporta una chiara classificazione dei vaccini:

  • vaccini vivi attenuati, prodotti a partire da microrganismi resi non patogeni (come i vaccini contenenti i virus di morbillo, rosolia, parotite, varicella, febbre gialla e il micobatterio della tubercolosi);

Procedure per “attenuare” la virulenza dei virus (da Principles of Virology) 

Procedure per “attenuare” la virulenza dei virus (da Principles of Virology) 

  • vaccini inattivati, prodotti a partire da microrganismi uccisi tramite esposizione al calore oppure con specifiche sostanze (come i vaccini contenenti i virus di epatite A, poliomielite e influenza definito “split” o “a virus frammentato”);

Esempio di risposta a virus “attenuati” e a virus “inattivati” (virus influenzali) 

Esempio di risposta a virus “attenuati” e a virus “inattivati” (virus influenzali) 

  • vaccini ad antigeni purificati, prodotti attraverso raffinate tecniche di purificazione di quelle componenti del batterio o del virus che interagiscono con l’organismo (come i vaccini contenenti gli antigeni dei batteri che causano la pertosse, la meningite e quelli contenenti gli antigeni del virus dell’influenza definito “a sub-unità”);

Tipi di vaccini ad antigeni purificati 

Tipi di vaccini ad antigeni purificati 

  • vaccini ad anatossine/tossoidi, prodotti nella maggior parte dei casi da quelle proteine (tossine), rilasciate dal microrganismo, che sono in grado di determinare la malattia (come i vaccini contenenti le esotossine dei batteri tetano e difterite);

Vaccini ad anatossine utilizzano esotossine trattate 

Vaccini ad anatossine utilizzano esotossine trattate 

  • vaccini a DNA ricombinante (biotecnologici), prodotti a partire dalle porzioni del DNA dei microrganismi che codificano per un determinato antigene, attraverso un procedimento biotecnologico (come i vaccini per l’epatite B e per il meningococco B).

Vaccini costituiti con tecnica di biologia molecolare (da Mondadori Education) 

Vaccini costituiti con tecnica di biologia molecolare (da Mondadori Education) 

La produzione di un nuovo vaccino segue le stesse fasi di sviluppo di un farmaco e i tempi possono essere molto lunghi (sino a 10 anni).

Il primo passo è l’allestimento dei preparati vaccinali, diversi a seconda che contengano il microrganismo in una forma attenuata o completamente inattivata, o che ne contengano solo alcune componenti.

Lo sviluppo di un vaccino è un processo piuttosto lungo ed elaborato che parte dalla conoscenza del microrganismo, responsabile della malattia che si intende prevenire, e delle sue modalità di interazione con l’organismo umano. Inizialmente, si effettuano studi sperimentali in vitro, in base ai quali è possibile stabilire quale sia la composizione qualitativa e quantitativa ideale di un vaccino (tipologia e quantità della componente attiva e di tutte le altre sostanze previste).

Fasi della preparazione di un vaccino

Fasi della preparazione di un vaccino

Una volta definito questo aspetto, il potenziale vaccino viene sottoposto alla sperimentazione preclinica, che include studi in vitro e su modelli animali, attraverso i quali si definiscono il meccanismo d’azione (cioè la capacità di indurre la risposta immunitaria), il profilo tossicologico e le prime evidenze di efficacia e sicurezza su un organismo vivente complesso.

Questa fase permette di selezionare la formulazione che, nei modelli sperimentali, è risultata più promettente, per essere avviata alla fase clinica preliminare sull’uomo. Per i vaccini multicomponente, è necessario che, in questa fase, venga studiata la possibile interferenza fra le varie componenti attive del vaccino.

Questa è la fase di sperimentazione preclinica, in cui si osserva in vitro e in vivo (su cavie animali) il comportamento e il livello di tossicità. In laboratori altamente specializzati, vengono eseguiti studi per identificare quale componente del microrganismo sarà in grado di stimolare, in maniera ottimale, il sistema immunitario. In questa fase, si valutano anche la tolleranza, la risposta immunitaria e l’efficacia protettiva del vaccino da sviluppare.

Terminata la sperimentazione preclinica, si passa a quella clinica.

Il vaccino entra in questo percorso di sperimentazione clinica, che comprende quattro fasi: le prime tre precedono l’autorizzazione all’immissione in commercio e la quarta viene condotta quando il vaccino è già disponibile sul mercato.

Durante le prime tre fasi, viene progressivamente aumentata la popolazione trattata con il vaccino, definita la posologia (numero di dosi per l’immunizzazione primaria ed eventuale richiamo) e caratterizzata l’efficacia del vaccino o immunogenicità (la capacità di stimolare nell’uomo una risposta anticorpale specifica e sufficiente contro le componenti del vaccino) e la sicurezza o reattogenicità (il tipo e la frequenza con cui si manifestano eventuali reazioni avverse). Questi ultimi due aspetti vengono indagati soprattutto negli studi clinici di fase terza, condotti su popolazioni molto ampie di soggetti a cui sarà destinato il vaccino.

Controlli in fase 3 preclinica

In questi studi, vengono confermate l’efficacia (in termini di tipologia e persistenza della risposta immunitaria, percentuale dei soggetti che rispondono efficacemente al vaccino e, quando possibile, di riduzione della probabilità di sviluppare la malattia dopo la vaccinazione) e la sicurezza del vaccino (in termini di eventi avversi attribuibili e non attribuibili al vaccino e di possibili problemi legati alle caratteristiche dei soggetti, come l’età, il sesso e specifiche condizioni di salute).

In queste tre fasi, inoltre, viene esplorata la possibilità di somministrare il vaccino in sviluppo insieme ad altri vaccini già in commercio, in particolari categorie di soggetti, per ottenere informazioni specifiche sulle possibili interferenze in termini di efficacia e sicurezza.

studi di fase terza

Gli studi di fase terza sono:

  • controllati, dal momento che i soggetti trattati con il vaccino in studio sono confrontati con altrettanti soggetti trattati con un vaccino simile già autorizzato o con un trattamento inerte (placebo)
  • randomizzati, dal momento che la suddivisione dei soggetti fra l’uno e l’altro trattamento avviene in maniera casuale.

Questa tipologia di studi rappresenta lo strumento più solido del metodo scientifico, per dimostrare l’efficacia e la sicurezza di un prodotto medicinale, inclusi i vaccini, in quanto permette di attribuire, con ragionevole certezza, le differenze osservate nei soggetti coinvolti nello studio, esclusivamente al medicinale/vaccino.

Regolata da norme, sia a livello comunitario europeo che nazionale, ripeto le quattro fasi:

  • le prime tre (che coinvolgono un numero crescente di volontari) si svolgono prima della messa in commercio del vaccino mentre
  • la quarta è rappresentata dagli studi post-commercializzazione e coinvolge milioni di persone.

Negli studi di fase 1 il vaccino viene testato su un numero limitato di persone (alcune decine) per valutarne la tollerabilità, intesa come la frequenza e la gravità degli effetti collaterali del vaccino.

Durante gli studi di fase 2, che possono coinvolgere anche centinaia di persone, il potenziale vaccino viene somministrato a dosi diverse e se ne studiano gli effetti, sia in termini di effetti tossici che di immunogenicità, vale a dire la capacità del vaccino di indurre una risposta immunitaria valida.

Negli studi di fase 3, viene fatta una prova di efficacia del vaccino su larga scala, in genere alcune migliaia di volontari, arruolati in più centri di ricerca.

Dopo aver verificato che tutti i risultati dei test siano in linea con gli standard richiesti, il produttore procede alla preparazione di un dossier da inviare alle autorità competenti (l’Agenzia italiana del farmaco – AIFA e la European Medicines Agency – EMA) per richiederne la registrazione e l’autorizzazione alla commercializzazione, che può avvenire solo dopo il nulla osta ufficiale delle autorità.

A questo punto si entra negli studi di fase 4 , che consistono nel monitoraggio di sicurezza ed effetti secondari del vaccino negli anni e su una popolazione in costante aumento.

Gli studi di fase quarta (o studi post-autorizzativi) vengono condotti dopo la commercializzazione e hanno l’obiettivo di verificare l’efficacia e la sicurezza del vaccino nelle sue reali condizioni d’uso, di valutarne l’utilizzo in particolari sottogruppi di popolazioni e condizioni patologiche (per esempio in corso di malattie del sistema immunitario, che potrebbero modificare l’efficacia e la sicurezza del vaccino) e il rapporto costo-beneficio, rispetto alla malattia e/o ad altri vaccini. Si tratta di informazioni prese dalla vita reale.

Tutte le varie fasi dello sviluppo di un vaccino sono necessarie a ottenere informazioni il più possibile chiare ed esaustive su indicazioni, controindicazioni, avvertenze speciali, benefici e rischi del prodotto. Poiché i vaccini vengono somministrati a scopo preventivo in una popolazione sana, è necessario che le percentuali di efficacia siano molto alte (numero di soggetti che rispondono in maniera adeguata al vaccino) e che il beneficio sia di gran lunga superiore al rischio.

Le fasi della sperimentazione e la Good Clinical Practice

Le fasi della sperimentazione e la Good Clinical Practice

Pertanto, in ogni momento di tutto questo processo, lo sviluppo del vaccino o la sua commercializzazione possono essere interrotti, qualora venga meno una sola di queste condizioni fondamentali.

Le tappe della bioetica

Le tappe della bioetica

Tutti gli studi effettuati durante lo sviluppo di un vaccino (come per tutti i medicinali) devono rispondere agli standard internazionali di etica e qualità scientifica, previsti dalle norme di buona pratica clinica, codificate a livello globale (Good Clinical Practice, GCP).

I principi della Good Clinical Practice

I principi della Good Clinical Practice

Modalità di vaccinazione

Il vaccino contro l’epatite B contiene soltanto una delle proteine del virus. È un vaccino a DNA ricombinante (rDNA). La sua azione è sostenuta da un sale di alluminio.

Il vaccino esiste sia singolo, sia combinato con il vaccino dell’epatite A (Twinrix), oppure incluso nei vaccini combinati esavalenti per i lattanti.

L’applicazione della L.165 del 27/05/1991, che ha imposto l’obbligo della vaccinazione antiepatite B a tutti i nati, a partire dal 1979, ha determinato una significativa diminuzione dell’incidenza dei casi di Epatite B.

L’obbligatorietà di alcuni vaccini

L’obbligatorietà di alcuni vaccini

La vaccinazione contro l’epatite B prevede di norma 3 dosi (0, 1, 6 mesi). La vaccinazione combinata con quella dell’epatite A prevede 2 dosi se la prima iniezione viene fatta prima di compiere 16 anni. Se si utilizza un vaccino esavalente per i lattanti, sono necessarie 4 dosi oppure uno schema di vaccinazione accelerato (0, 1, 2, 12 mesi).

La vaccinazione contro l’epatite B è raccomandata a tutti e può essere effettuata a qualsiasi età, a partire dalla nascita. Richiede diverse dosi (da 2 a 4) distribuite su un periodo da 6 a 12 mesi, secondo l’età e lo schema di vaccinazione scelto. Dovrebbe concludersi non oltre l’adolescenza (tra 11 e 15 anni), possibilmente prima dell’inizio della vita sessuale attiva.

Raccomandazioni per persone a maggiore rischio di complicazioni

  • I neonati di madri HBsAg positive (vanno associate le immunoglobuline).
  • Le persone che soffrono di una malattia cronica del fegato.
  • Le persone alle quali è prescritto un trattamento immunosopressore.

Raccomandazioni per persone a maggiore rischio di esposizione e/o di trasmissione

  • Il personale medico e paramedico.
  • Il personale dei laboratori di analisi mediche.
  • I consumatori di droghe.
  • Le persone che cambiano spesso partner sessuale.
  • Le persone a stretto contatto con persone HBsAg positive.
  • Gli operatori sociali, il personale delle prigioni e della polizia con contatto frequente con consumatori di sostanze stupefacenti.
  • Le persone con disabilità cognitive e il personale degli istituti per persone con disabilità cognitive.

Per i viaggiatori è disponibile una vaccinazione combinata contro epatite B ed epatite A.

Vaccini perl’epatite: Havrix 1440 (epatite A adulti), Engerix-B 20 (epatite B adulti), Twinrix (entrambe le epatiti)

Vaccini perl’epatite: Havrix 1440 (epatite A adulti), Engerix-B 20 (epatite B adulti), Twinrix (entrambe le epatiti) 

Protezione

Dopo una vaccinazione completa, oltre il 95% dei giovani è protetto in modo prolungato, probabilmente a vita. La vaccinazione è meno efficace dopo l’età di 20-25 anni. Dall’introduzione nel 1998 della vaccinazione generalizzata degli adolescenti, le epatiti B acute sono diminuite dell’84% nei giovani tra i 15 e i 19 anni. Tra il 1999 e il 2003, nessun caso è stato osservato in giovani vaccinati contro l’epatite B.

Eventi avversi

La vaccinazione contro l’epatite B è generalmente molto ben tollerata. Una reazione locale (arrossamento, dolore, gonfiore) nel punto dell’iniezione può apparire a 1 persona su 10. Reazioni come mal di testa, stanchezza o febbre sono più rare e scompaiono in 1-3 giorni. Una grave reazione allergica a un componente del vaccino è rarissima (1-2 persone per milione di dosi di vaccino somministrate) e più di 55 milioni di persone sono state vaccinate nel mondo senza complicazioni.

Segnalazioni di eventi avversi per il vaccino esavalente

Segnalazioni di eventi avversi per il vaccino esavalente

Alcuni problemi di salute sono talvolta segnalati nei giorni o nelle settimane che seguono una vaccinazione, portando erroneamente a pensare che vi sia una relazione con la vaccinazione. Per esempio, in seguito a varie preoccupazioni avvenute in Francia, numerosi studi sono stati eseguiti tra il 1996 e il 2004 per accertare se la vaccinazione contro l’epatite B aumentasse il rischio di malattie autoimmuni come la sclerosi multipla. Questi studi non hanno mostrato alcun aumento del rischio di malattie autoimmuni nelle persone vaccinate contro l’epatite B, quindi la vaccinazione contro l’epatite B è raccomandata in tutto il mondo.

Dosi e somministrazione

La dose di vaccino per l’epatite B è 0,5 mL intramuscolo (nel muscolo deltoide) fino all’età di 20 anni o 1 mL intramuscolo per gli adulti (≥ 20 anni).

Il vaccino è in genere somministrato ai bambini in una serie di 3 dosi all’età di 0 mesi, tra 1 e 2 mesi, e tra 6 e 18 mesi.

Tutti i bambini, che non sono stati precedentemente vaccinati con il vaccino per l’epatite B, lo possono fare tra gli 11 e i 12 anni di età. Viene utilizzata una schedula con 3 dosi; la prima e la seconda dose sono separate da ≥ 4 settimane, mentre la terza viene somministrata tra i 4 e i 6 mesi successivi alla seconda dose. Comunque si può somministrare il Recombivax HB che prevede due dosi; la 2a viene effettuata dai 4 ai 6 mesi dopo la prima.

La schedula che viene abitualmente utilizzata per gli adulti che usano Engerix-B o Recombivax HB è una serie di 3 dosi con 2 dosi separate da ≥ 4 settimane, e una terza dose a distanza di 4-6 mesi dopo la seconda. L’Heplisav-B si somministra in 2 dosi, a distanza di almeno 4 settimane l’una dall’altra, e si può somministrare come sostituto in una serie di 3 dosi con un diverso vaccino contro l’epatite B. Non si deve somministrare l’Heplisav-B durante la gravidanza, perché non si dispone dei dati sulla sicurezza del suo utilizzo durante la gravidanza.

Gli adulti non vaccinati, che sono in trattamento con emodialisi o immunocompromessi, devono ricevere 1 dose di Recombivax HB 40 mcg/mL con un programma di tre dosi a 0, 1 e 6 mesi oppure doppia dose di Engerix-B 20 mcg/mL , somministrato con una schedula di 4 dosi a 0, 1, 2, e 6 mesi.

Se le persone non sono vaccinate o non completamente coperte, le dosi mancanti devono essere effettuate per completare la serie di 3 dosi previste dal vaccino anti epatite B. La 2a viene somministrata 1 mese dopo la prima; la 3a a distanza di ≥ 2 mesi dopo la 2a (e ≥ 4 mesi dopo la prima dose). Se viene utilizzato il vaccino combinato epatite A ed epatite B (Twinrix), vengono somministrate 3 dosi nei mesi 0, 1, e 6, oppure 4 dosi nei giorni 0, 7 e da 21 a 30, seguite da una dose di richiamo a 12 mesi. Se una persona si perde al follow up, prima che la serie sia stata completata, non deve iniziare nuovamente.

Engerix B

ENGERIX B 10 microgrammi/0,5 ml. E’ una sospensione iniettabile in siringa pre-riempita:

è un vaccino (rDNA, a DNA ricombinante) dell’epatite B (HBV), (adsorbito su idrossido di alluminio)

Una dose (0,5 ml) contiene:

antigene di superficie del virus dell’epatite B 10 microgrammi adsorbito su idrossido di alluminio, idrato Totale: 0,25 milligrammi, prodotto mediante tecnologia del DNA ricombinante su cellule di lievito (Saccharomyces Cerevisiae).

ENGERIX B (10 µg/0,5 ml) è indicato per l’immunizzazione attiva contro l’infezione da virus dell’epatite B (HBV) causata da tutti i sottotipi conosciuti nei soggetti non immuni.

Ci si può attendere che anche l’epatite D sia prevenuta tramite l’immunizzazione con ENGERIX B (10 µg/0,5 ml), in quanto l’epatite D (causata dall’agente delta) non si verifica in assenza di infezione da epatite B.

Posologia. Dosaggio.

ENGERIX B (10 µg/0,5 ml) è da utilizzarsi in soggetti di età fino ai 15 anni compresi, inclusi i neonati. ENGERIX B (20 µg/1 ml) è da utilizzarsi in soggetti dai 16 anni di età in su.

Tuttavia, ENGERIX B (20 µg/1 ml) può anche essere utilizzato nei soggetti dagli 11 fino ai 15 anni inclusi come schedula a due dosi, nelle situazioni in cui esiste un basso rischio di infezione da epatite B durante il ciclo vaccinale, e laddove si può assicurare il completamento dell’intero ciclo di vaccinazione.

Engerix B dose per adulti (oltre i 16 anni) (gentile concessione GlaxoSmithKline Biologicals) 
Engerix B dose per adulti (oltre i 16 anni) (gentile concessione GlaxoSmithKline Biologicals) 

Schedule di immunizzazione primaria

Soggetti fino ai 15 anni inclusi:

Si possono raccomandare 2 schedule di immunizzazione primaria:

  1. Una schedula a 0, 1, 6 mesi che dà una protezione ottimale al settimo mese e che produce elevate concentrazioni anticorpali.
  2. Una schedula accelerata con immunizzazione a 0, 1 e 2 mesi che conferirà una protezione più rapida e che si prevede porti ad una maggiore compliance del Paziente. Con questa schedula, una quarta dose deve essere somministrata a 12 mesi in modo da assicurare una protezione a lungo termine, dal momento che le concentrazioni anticorpali, ottenute dopo la terza dose, sono inferiori a quelle ottenute con la schedula a 0, 1, 6 mesi.

Nei bambini questa schedula permette la somministrazione simultanea del vaccino per l’epatite B con altri vaccini dell’età infantile.

Pazienti con insufficienza renale inclusi i Pazienti sottoposti a emodialisi.

I pazienti con insufficienza renale, inclusi i Pazienti in corso di emodialisi, presentano una risposta immunitaria ridotta ai vaccini per l’epatite B. Possono essere utilizzate sia la schedula a 0, 1, 2 e 12 mesi sia a 0, 1, 6 mesi di ENGERIX B (10 microg/0,5 ml). In base all’esperienza sugli adulti, una vaccinazione con un dosaggio di antigeni più elevato può aumentare la risposta immunitaria.

Si deve prendere in considerazione l’effettuazione di test sierologici successivamente alla vaccinazione. Può essere necessaria la somministrazione di dosi addizionali di vaccino per assicurare un livello di protezione efficace, cioè anti-

HBs >10 UI/l.

Esposizione nota o presunta ad HBV

In circostanze nelle quali si sia verificata di recente l’esposizione ad HBV (es: puntura con ago contaminato) la prima dose di ENGERIX B (10 µg/0,5 ml) può essere somministrata contemporaneamente alle Immunoglobuline specifiche antiepatite B (HB Ig), che tuttavia devono essere somministrate in un diverso sito di iniezione. In questi casi deve essere consigliata la schedula di immunizzazione a 0, 1, 2 e 12 mesi.

Neonati partoriti da madri portatrici di HB

L’immunizzazione con ENGERIX B (10 microg/0,5 ml) di questi neonati deve iniziare alla nascita, e sono state utilizzate due schedule di immunizzazione. Sia la schedula a 0, 1, 2 e 12 mesi che la schedula a 0, 1 e 6 mesi possono essere usate; tuttavia, la prima schedula fornisce una risposta immunitaria più rapida. Quando disponibili, devono essere somministrate contemporaneamente con ENGERIX B (10 µg/0,5 ml) immunoglobuline antiepatite B (HB Ig) in un sito di iniezione separato, poiché ciò può aumentare l’efficacia della protezione.

Dose di richiamo (Boster)

I dati attualmente disponibili non supportano la necessità di una vaccinazione di richiamo in soggetti immunocompetenti, che hanno risposto ad un ciclo di immunizzazione primario completo (Lancet 2000, 355:561).

Il vaccino obbligatorio per l’epatite B non necessita di richiami per soggetto immunocompetenti

Il vaccino obbligatorio per l’epatite B non necessita di richiami per soggetto immunocompetenti

Tuttavia, dosi di richiamo devono essere somministrate in soggetti immunocompromessi (es: soggetti con insufficienza renale cronica, Pazienti in corso di emodialisi, soggetti HIV positivi) allo scopo di mantenere concentrazioni anticorpali anti-HBs uguali o al di sopra del livello di protezione riconosciuto pari a 10 UI/l.

Per questi soggetti immunocompromessi si consiglia di effettuare il test sui livelli anticorpali ogni 6-12 mesi.

ENGERIX B (10 µg/0,5 ml) deve essere iniettato per via intramuscolare nella regione deltoidea nei bambini o nella regione anterolaterale della coscia nei neonati e nei bambini piccoli.

Eccezionalmente il vaccino può essere somministrato per via sottocutanea in Pazienti affetti da trombocitopenia o con disturbi della coagulazione.

Controindicazioni

ENGERIX B (10 µg/0,5 ml) non deve essere somministrato a soggetti con ipersensibilità nota ai principi attivi o ad uno qualsiasi degli eccipienti, o a soggetti che hanno manifestato segni di ipersensibilità a seguito di precedenti somministrazioni di ENGERIX B (10 µg/0,5 ml).

Come con altri vaccini, la somministrazione di ENGERIX B (10 µg/0,5 ml) deve essere posticipata in soggetti affetti da malattie febbrili acute gravi. La presenza di infezioni minori, comunque, non è da considerarsi controindicazione per l’immunizzazione.

Precauzioni

Si può verificare sincope (svenimento) in seguito, o anche prima, come risposta psicogena all’iniezione con ago. Essa può essere accompagnata da diversi segni neurologici, quali disturbi visivi transitori, parestesia e movimenti tonico-clonici degli arti durante la fase di recupero. È importante che siano predisposte adeguate procedure, per evitare lesioni conseguenti allo svenimento.

Belonefobia (paura degli aghi)

Belonefobia (paura degli aghi)

Dato il lungo periodo di incubazione dell’epatite B, è possibile che infezioni non riconosciute siano presenti al momento dell’immunizzazione. In questi casi, il vaccino può non prevenire l’infezione da epatite B.

È stato osservato che un certo numero di fattori possono ridurre la risposta immunitaria ai vaccini per l’epatite B. Questi fattori includono il sesso maschile, l’obesità, il fumo, la via di somministrazione e alcune malattie croniche sottostanti. Test sierologici devono essere presi in considerazione in quei soggetti che possono essere a rischio di non raggiungere una sieroprotezione a seguito di un ciclo completo di ENGERIX B (10 µg/0,5 ml).

In soggetti che non rispondono o che hanno avuto una risposta sub ottimale ad un ciclo di vaccinazioni possono essere prese in considerazione dosi addizionali di vaccino.

La vaccinazione contro l’epatite B non deve essere preclusa in Pazienti affetti da malattie croniche del fegato o con infezione da HIV o portatori di epatite C. Si consiglia il vaccino in quanto l’infezione da HBV in questi Pazienti può essere grave: perciò la vaccinazione contro l’epatite B deve essere valutata dal Medico caso per caso. In Pazienti con infezione da HIV, così come in Pazienti con insufficienza renale, inclusi i Pazienti sottoposti a emodialisi e in persone con un sistema immunitario compromesso, possono non essere raggiunte concentrazioni anticorpali anti-HBs adeguate, dopo un ciclo di immunizzazione primario; perciò tali Pazienti possono richiedere la somministrazione di dosi aggiuntive di vaccino.

ENGERIX B (10 µg/0,5 ml) non deve essere somministrato nel gluteo o per via intradermica in quanto ciò può condurre ad una più bassa risposta immunitaria.

ENGERIX B (10 µg/0,5 ml) non deve essere somministrato in nessuna circostanza per via intravascolare.

Come con tutti i vaccini iniettabili, un appropriato trattamento medico deve sempre essere prontamente disponibile in caso si verifichino rare reazioni anafilattiche in seguito alla somministrazione del vaccino.

Quando si somministra il ciclo primario di immunizzazione a neonati molto prematuri (nati prima o entro la 28ª settimana di gestazione) e in particolare a quelli con una storia pregressa di non maturità delle vie respiratorie, bisogna tenere in considerazione il potenziale rischio di apnea e la necessità di monitorare la respirazione nelle 48-72h successive. La vaccinazione, in questo gruppo di neonati presenta benefici elevati, quindi non deve essere sospesa o ritardata.

Interazioni

La somministrazione simultanea di ENGERIX B (10 µg/0,5 ml) e di una dose standard di HBIg (Immunoglobuline anti Epatite B) non porta a concentrazioni anticorpali anti-HBs inferiori, se somministrati in siti di iniezione diversi.

ENGERIX B (10 µg/0,5 ml) può essere somministrato contemporaneamente a vaccini per Haemophilus Influenzae b, BCG, epatite A, polio, morbillo, parotite, rosolia, difterite, tetano e pertosse.

ENGERIX B (10 µg/0,5 ml) può essere somministrato contemporaneamente al vaccino contro il Papilloma Virus Umano (HPV).

La somministrazione contemporanea di ENGERIX B e di Cervarix (vaccino HPV) non ha mostrato di dar luogo ad interferenza clinicamente rilevante nella risposta anticorpale agli antigeni HPV. Le medie geometriche delle concentrazioni anticorpali anti-HBs erano inferiori in caso di co-somministrazione, ma il significato clinico di questa osservazione non è noto dal momento che i tassi di siero protezione rimangono immodificati. La proporzione dei soggetti che raggiungevano concentrazioni anti-HBs ≥ 10mUI/ml era il 97,9% nel caso della vaccinazione concomitante ed il 100% quando ENGERIX B veniva somministrato da solo.

Vaccini iniettabili diversi devono sempre essere somministrati in siti di iniezione differenti.

ENGERIX B (10 µg/0,5 ml) può essere utilizzato per completare un ciclo di vaccinazione primaria iniziato sia con vaccini per l’epatite B derivati dal plasma, che preparati tramite ingegneria genetica, o se si desidera somministrare una dose di richiamo, può essere somministrato a soggetti che hanno ricevuto una precedente immunizzazione primaria sia con vaccini per l’epatite B derivati dal plasma, che preparati tramite ingegneria genetica.

Gravidanza

L’effetto di HBsAg sullo sviluppo del feto non è stato valutato.

Tuttavia, come con tutti i vaccini virali inattivati, non sono da attendersi effetti sul feto. ENGERIX B (10 µg/0,5 ml) deve essere usato durante la gravidanza solo quando chiaramente necessario e quando i possibili vantaggi superano i possibili rischi per il feto.

Allattamento

L’effetto sui bambini in allattamento al seno le cui madri hanno ricevuto ENGERIX B (10 µg/0,5 ml) non è ancora stato valutato in studi clinici e pertanto non sono disponibili informazioni sull’escrezione nel latte materno.

Non sono state stabilite controindicazioni.

Fertilità

ENGERIX B (10 µg/0,5 ml) non è stato valutato in studi di fertilità.

Effetti indesiderati

Riassunto del profilo di sicurezza

Il profilo di sicurezza presentato di seguito si basa su dati provenienti da 5329 soggetti seguiti in 23 studi.

La formulazione attuale di ENGERIX B (10 µg/0,5 ml) non contiene tiomersale (composto organo mercuriale).

I seguenti effetti indesiderati sono stati riportati in seguito all’uso sia di formulazioni contenenti tiomersale che di formulazioni che ne sono prive.

In uno studio clinico condotto con la formulazione corrente (formulazione priva di tiomersale), l’incidenza di dolore, rossore, gonfiore, sonnolenza, irritabilità, perdita di appetito e febbre, era paragonabile all’incidenza osservata negli studi clinici condotti con le precedenti formulazioni del vaccino contenente tiomersale.

Tabella riassuntiva delle reazioni avverse

Le frequenze per dose sono definite come segue: Molto comune: (≥1/10) Comune: (≥1/100 e <1/10) Non comune: (≥1/1000 e <1/100) Raro: (≥1/10.000 e <1/1000) Molto raro: (<1/10.000)

Classificazione per sistemi e organi / Frequenza / Reazione avversa

Patologie del sistema emolinfopoietico Raro Linfoadenopatia

Disturbi del metabolismo e della nutrizione Comune Perdita di appetito

Disturbi psichiatrici Molto comune Irritabilità

Patologie del sistema nervoso Comune Sonnolenza, Cefalea Non comune Vertigini Raro Parestesia

Sonnolenza

Sonnolenza

Patologie gastrointestinali Comune Sintomi gastrointestinali (quali nausea, vomito, diarrea, dolori addominali)

Nausea

Nausea

Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Raro Orticaria, prurito e rash

Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo Non comune Mialgia. Raro Artralgia

Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione Molto comune Dolore e rossore al sito di iniezione, affaticamento

Comune Febbre (≥37.5°C), malessere, gonfiore al sito di iniezione, reazione al sito di iniezione (come indurimento) Non comune Malattie simil influenzali

Sorveglianza post-marketing

Infezioni ed infestazioni non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili) Meningite

Patologie del sistema emolinfopoietico non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili) Trombocitopenia

Disturbi del sistema immunitario non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili) Anafilassi, reazioni allergiche incluse reazioni anafilattoidi e sindrome simil malattie da siero

Patologie del sistema nervoso non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili) Encefalite, encefalopatia, convulsioni, paralisi, neurite (inclusa la sindrome di Guillain-Barrè, neurite ottica e sclerosi multipla), neuropatia, ipoestesia

Patologie vascolari non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili) Vasculite, ipotensione

Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili) Eritema multiforme, edema angioneurotico, lichen planus

Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo  non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili) Artrite, debolezza muscolare

Proprietà farmacodinamiche

ENGERIX B (10 mcg/0,5 ml) induce la formazione di specifici anticorpi umorali contro l’HBsAg (anticorpi anti-HBs). Concentrazioni anticorpali anti-HBs > 10 UI/l sono correlate alla protezione dall’infezione da HBV.

Efficacia protettiva

Gruppi a rischio:

in studi sul campo è stata dimostrata nei neonati, nei bambini e negli adulti a rischio un’efficacia protettiva tra il 95% ed il 100%.

In soggetti sani in zona ad alto rischio, un mese dopo l’ultima dose di vaccino, è stata dimostrata un’efficacia protettiva del 95% (anti HBs IgG ≥ 10 mUI/ml nel siero) in neonati da madri HBeAg positive, immunizzati secondo la schedula 0, 1, 2 e 12 mesi o 0, 1 e 6 mesi, senza la somministrazione concomitante di immunoglobuline (HBIg) anti epatite B alla nascita.

La somministrazione simultanea di HBIg e vaccino alla nascita ha aumentato l’efficacia protettiva al 98%.

I neonati nati da madri che erano portatrici del virus dell’epatite B (HBsAg positive con o senza HBeAg) e che non hanno ricevuto immunoglobuline anti epatite B (HBIg) alla nascita, hanno ricevuto una dose “challenge” di Engerix B 20 anni dopo la vaccinazione primaria (schedula a 3 dosi o a 4 dosi).

È stato dimostrato un chiaro legame tra l’infezione da epatite B e il manifestarsi di carcinoma epatocellulare (HCC). La prevenzione dell’epatite B tramite vaccinazione porta ad una riduzione dell’incidenza dell’HCC come osservato nei bambini tra i 6 ed i 14 anni di Taiwan.

Twinrix

Come già detto nel paragrafo sul vaccino per l’Epatite A, cui si rimanda, il Twinrix è indicato per l’utilizzo in adulti e adolescenti non immuni, a partire dai 16 anni di età, esposti al rischio di contrarre l’infezione da virus dell’epatite A e dell’epatite B.

Composizione qualitativa e quantitativa.

Virus inattivato dell’epatite A720 Unità ELISA + Antigene di superficie ricombinante (proteina S) del virus dell’epatite B20 microgrammi adsorbito su alluminio ossido idrato = Totale: 0,05 milligrammi + adsorbito su alluminio fosfato Totale: 0,4 milligrammi e prodotto da cellule di lievito modificate tramite ingegneria genetica (Saccharomyces cerevisiae).

Forma farmaceutica: sospensione per uso iniettabile in siringa preriempita.

Indicazioni terapeutiche Twinrix Adulti è indicato per l’utilizzo in adulti e adolescenti non immuni a partire dai 16 anni di età, esposti al rischio di contrarre l’infezione da virus dell’epatite A e dell’epatite B.

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